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Dettaglio documento pubblicato n. 352
 
Foto non disponibile
Data: 06/03/2003
Destinatario: Tutti i soci e cittadini
Descrizione: Liberta' dall'Esclusione, intervento al Convegno promosso dal Dipartimento Servizi Sociali F.I. per l'anno della disabilità
   
Dettaglio:
“LIBERTA’ dall’ESCLUSIONE” CONVEGNO FORZA ITALIA SULLA DISABILITA’ – AREA DIPARIMENTALE PER LE POLITICHE SOCIALI “Regione Lazio” Jolly Hotel Via dei Gracchi – Roma 06/03/03 Non a caso l’Unione Europea ha proclamato il 2003 “anno Europeo per le persone disabili”, una iniziativa che coinvolgerà tutti i Paesi dell’Unione sulla promozione dei diritti e delle opportunità delle persone disabili, coinvolgendo direttamente i singoli, le famiglie, le Istituzioni Locali e tutti i soggetti interessati a promuovere lo sviluppo umano, all’interno del quale ogni persona viene valorizzata in quanto tale e considerata preziosa e irripetibile nella sua diversità all’interno di ogni comunità. Quando si affronta il problema della disabilità sotto il profilo statistico, si incontrano numerose difficoltà dovute a svariati motivi, in primo luogo si evidenzia la difficoltà di poter disporre di dati ufficiali in materia, questo è dovuto principalmente al fatto che non esiste un obbligo della denuncia per nessuna delle condizioni che rientrano nell’ambito della definizione di disabilità e, d’altronde, i dati disponibili provengono da diverse fonti, e sono rilevati con differenti modalità e, nella maggior parte dei casi sono difficilmente comparabili tra di loro. I dati sull’argomento sono in genere discordanti fra loro e derivano da stime effettuate sulla base di scarse informazioni reali, oppure si riferiscono a singole categorie di disabilità o a specifiche e limitate aree geografiche; per questo ad oggi non si può stabilire e disporre di un quadro completo ed esauriente a livello nazionale e tanto più a livello regionale, anche se negli ultimi due anni (e lo vedremo in seguito, durante questo intervento) il Governo attuale di centro-destra sta procedendo con grande impegno e determinazione per approntare con certezza un quadro chiaro e generale del fenomeno sulla disabilità. Dalle varie indagini, l’unica certezza emersa è che tra le varie sottocategorie di disabilità, quella che ha dato più garanzie a livello di comparabilità e di attendibilità è stata condotta dall’ISTAT negli anni 80-83 e 86-87 nell’ambito dell’indagine campionaria sulle condizioni di salute della popolazione e sul ricorso ai servizi sanitari. Il campione preso in considerazione ha riguardato oltre 26.000 famiglie con circa 80.000 persone intervistate, la compilazione è stata effettuata dai rilevatori disignati dai comuni campione e la classificazione adottata per l’indagine statistica ordinata distingueva cinque tipologie di invalidità permanenti: cecità, sordomutismo, sordità, insufficienza mentale, insufficienza motoria; per nostra comodità, abbiamo considerato solamente tre grandi sottocategorie di disabilità: ciechi, sordomuti, insufficienti psico-fisici. Tuttavia anche se non ufficialmente dai dati oggi in nostro possesso si può affermare che il numero dei disabili in Italia dovrebbe aggirarsi intorno a 1.600.000 unità con un quoziente pari a circa 28 ogni 1000 abitanti e la parte più consistente, circa il 60% è rappresentata dalla disabilità psico-fisica, il cui numero può essere valutato intorno al milione di unità con un quoziente del 17,3 per mille. Per quanto riguarda la nostra Regione Lazio, si è proceduto in base a delle stime, cioè le tre categorie di disabilità sono state ripartite nell’ambito delle cinque province laziali in misura proporzionale al numero degli assistiti nelle province stesse; pertanto è bene ribadire che, anche se effettuate sulla base di valori probanti e numericamente consistenti, si tratta pur sempre di stime approssimate che, soprattutto a livello di provincia, vanno considerate solo a scopo indicativo, pur tuttavia, dall’analisi può emergere qualche breve considerazione di carattere generale. Dal punto di vista della consistenza numerica, ovviamente la presenza della capitale rappresenta un caso tutto particolare; nella provincia di Roma, infatti, è concentrato ben il 60% circa di tutti i portatori di disabilità della regione con valori pressoché uniformi per le diverse tipologie: - sordomuti 64% - mutilati/invalidi psico-fisici 59% - ciechi 55%. seguono nell’ordine la provincia di Frosinone con il 14% circa di disabili sul totale regionale; Latina con il 13%; Viterbo 8%; Rieti 5%. Per rispondere alle esigenze reali di carattere non solo puramente conoscitivo ma soprattutto operativo, è necessaria una conoscenza molto articolata e approfondita della popolazione dei disabili in ordine alle più importanti caratteristiche demografiche, sociali ed economiche degli stessi; informazioni di questo genere, infatti, si rilevano indispensabili per predisporre opportuni ed efficaci piani di intervento e di programmazione, a tutti i livelli, sia per la prevenzione sia per l’assistenza, e in generale, per la tutela sociale degli stessi disabili di ogni categoria. Nel corso degli anni 90 molte azioni sono state intraprese per promuovere e riconoscere i diritti delle persone disabili e dei loro familiari, così come per migliorare le condizioni necessarie ad una loro effettiva integrazione e partecipazione attiva nei diversi ambiti della vita. La Legge-quadro 104/92 sulla disabilità ha superato una legislazione frammentaria e settoriale, ha evidenziato la profonda trasformazione culturale sviluppandosi nel contesto sociale e politico e sino ad allora non pienamente esplicitata. La stessa Legge ha stabilito l’attuazione di una serie di interventi e servizi in vari ambiti del contesto sociale in cui un disabile vive e viene a contatto nel corso della vita, a partire dai servizi di prevenzione e diagnosi precoce, di cura, di assistenza e riabilitazione, a quelli relativi all’integrazione scolastica, alla formazione professionale e permanente, a quelli sull’inserimento lavorativo, al tempo libero e alla partecipazione sociale, al contesto familiare, così come recita la Legge 68/99 il “ collocamento mirato”. Alla Legge quadro hanno fatto seguito numerosi interventi a livello territoriale,in special modo Regionale attraverso l’emanazione di leggi di settore attuative del dettato della stessa. Dando attuazione all’art. 1 della Legge 162/98 “modifiche alla Legge 104/92, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave è stata organizzata a Roma nel dicembre 99, la prima conferenza nazionale sulle politiche per l’handicap. La partecipazione dei rappresentanti del Governo, delle Istituzioni, dei Servizi Pubblici competenti, delle Associazioni di disabili e dei familiari ma anche delle più importanti Organizzazioni Sindacali ed imprenditoriali ha favorito un confronto ad alto livello portando all’elaborazione di concrete indicazioni di lavoro. Il programma di azione del Governo per le politiche dell’Handicap 2000/2003, approvato il 28/7/2000 dal Consiglio dei Ministri, ha valorizzato le proposte emerse per impostare iniziative atte a definire indirizzi da intraprendere sia in campo legislativo che delle scelte operative delle diverse Amministrazioni, al fine di favorire un più elevato livello di integrazione ed una migliore qualità della vita per le persone disabili. L’obiettivo del “programma di azione” del Governo è quello di dare piena attuazione a quanto previsto dalla 104/92 ai principi fondamentali ed alle finalità cui si ispira. Quattro sono i principi fondamentali che il Governo vuole rispettare e promuovere nelle azioni e negli interventi in tema di disabilità: - non discriminazione - pari opportunità - maggiori gravità - concreta integrazione. Il “programma di azione” del Governo cita espressamente fra i suoi impegni, anche la realizzazione di un “sistema integrato di fonti informative sull’Handicap” facendo proprio quanto deliberato dalla Legge 162/98, art.41 bis….il Ministro per la Solidarietà Sociale …..promuove indagini statistiche e conoscitive sull’Handicap. Tutto questo permetterà la disponibilità di informazioni statistiche sulla disabilità la quale rappresenta un presupposto fondamentale per la corretta attuazione delle norme e per l’assegnazione di risorse adeguate. In Italia, come nella maggior parte degli altri Paesi, non si è ancora giunti ad un insieme organico e completo di dati sui diversi aspetti della disabilità, ne consegue che non si è in grado di dire con precisione quanti siano i disabili in Italia, quali disabilità abbiamo, contro quale disabilità dobbiamo rafforzare gli sforzi da produrre, quale sia il livello di integrazione sociale e quali bisogni dei disabili, delle proprie famiglie siano maggiormente soddisfatti e quali non soddisfatti. Per questo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha assegnato all’ISTAT il compito di costituire un insieme coordinato e integrato di fonti statistiche sulla disabilità che consenta di fare una programmazione sulla base di dati completi ed assolutamente affidabili. Questo ci permetterà di conoscere in modo appropriato il mondo dell’handicap, avviando così anche un processo di riorganizzazione dei dati esistenti, coordinando, laddove possibile gli attuali flussi informativi, stimolando la realizzazione di nuove indagini per quei settori o aspetti della tematica ancora non coperti o carenti di informazioni. Il progetto è complesso ed impegna, oltre il principale estensore l’ISTAT, le altre Istituzioni competenti in materia, sebbene le modalità con cui è stato concepito il progetto stabiliscono chiaramente come destinatario principale il decisore politico è apparso opportuno utilizzare al meglio i dati identificando altri soggetti potenziali utilizzatori del sistema informativo. Il sistema per tanto si rivolge ai soggetti politici dei diversi livelli decisionali ma anche agli studiosi del settore, alle Associazioni ed Organizzazioni che si impegnano giornalmente nella promozione dei diritti e nell’erogazione dei servizi ai disabili, ai loro familiari e ai cittadini che vogliono conoscere profondamente il mondo della disabilità; per questo uno dei prodotti principali del progetto è rappresentato dal sito “hancicapincifre” reso accessibile agli stessi disabili. I dati eccezionalmente precisi costituiscono un enorme patrimonio da dove accingere indirizzi e promuovere strategie politiche mirate; questo maggiormente è dovuto alla puntuale suddivisione in due principali aree: 1) TEMATICHE: informazioni e dati su beneficiari delle prestazioni pensionistiche, famiglie dei disabili, incidenti, istruzione e integrazione scolastica, lavoro e occupazione, salute ed assistenza, spesa delle pensioni, prestazioni sociali, trasporto, vita sociale; 2) APPROFONDIMENTI: nel quale sono contenuti gli aspetti specifici riguardanti le diverse tematiche, quanti sono i disabili in Italia, quali sono gli aspetti delle persone disabili, il turismo accessibile, differenze tra uomini e donne, sindrome di Down. La mole di documenti e di analisi sulla disabilità è tale da non rendere possibile nell’ambito di questo seminario menzionarla per intero; il nostro sforzo si è comunque prodigato per evidenziare quei dati indispensabile che ci permettono di fare comunque un quadro ben definito della disabilità in questa Regione e nello specifico Comune di Roma. FAMIGLIA: parlare di integrazione sociale delle persone disabili implica parlare anche e soprattutto del contesto familiare in cui il disabile si inserisce; il ruolo della famiglia è, infatti, fondamentale e insostituibile nei molteplici aspetti della vita di ogni persona disabile: dall’assistenza ed aiuto in caso di bisogno fino al livello di socializzazione. I dati contenuti in questa area riguardano diverse tipologie familiari: disabili soli, coppie con un figlio disabile o con più figli di cui uno disabile; per ogni tipologia di famiglia si rilevano, oltre alle rispettive caratteristiche socio-demografiche, le reti di aiuto alle quali ricorrere in caso di bisogno e la relativa situazione socio-economica misurata anche attraverso il tipo di abitazione nella quale si vive. Il 28% dei disabili vive da solo, questi per lo più sono donne anziane e vedove, la loro età media è di 76 anni per gli uomini e 80 anni per le donne. Le anziane disabili possono contare sulla vicinanza e la presenza dei figli che per 82% dei casi vivono nelle vicinanze e nell’87% dei casi le vanno a trovare almeno una volta a settimana. La condizione di disabilità fra i giovani comporta una loro permanenza nel nucleo di origine; si riscontra così che il 34% dei disabili di età 25-44 anni vive con i genitori (rispetto al 19% dei non disabili) e che ben il 17% dei disabili della stessa età vive con un solo genitore (rispetto al 6% dei non disabili). La famiglia rimane il perno fondamentale di riferimento per le persone disabili: il 74% degli aiuti ricevuti è fornito da un parente più o meno prossimo e di questi il 41% è un parente di sesso femminile. Stilando una possibile graduatoria degli aiuti ricevuti dalle famiglie con almeno una persona disabile, al primo posto troviamo l’aiuto nelle attività domestiche e l’aiuto nell’assistenza di adulti e bambini. Per essere più chiari nell’insieme della statistica e quindi più attenti nel definire le necessità si è diviso per classi di età la disabilità esistente nei dati, abbiamo quindi: 6-44 45-64 65-74 75 oltre totale ----- ------- ------- --------- --- - persone sole 2,3 10,5 23,9 40,0 28% - membro aggregato in famiglie con un solo nucleo 1,7 2,8 5,7 14,3 9,5% - genitore in coppia con figli 15,2 41,6 15,2 4,3 12,9% - genitore in nucleo con un solo figlio 1,3 5,3 5,9 8,3 6,6% - coniuge in una coppia senza figli 4,3 25,5 41,7 24, 25,9% - figlio in una coppia 5 7,1 3,0 0,0 0,0 7,0% - figlio con un solo genitore 14,2 5,0 0,2 0,0 2,4% - disabile in altre famiglie 4,0 6,4 7,4 8,4 7,4% Da questo semplicissimo e nel contesto complesso quadro emergono dei dati significanti da cui partire per indirizzare con maggiore vigore lo sforzo che la politica deve affrontare in campo alla disabilità. Si può vedere che il 28% dei disabili vive da solo, con un picco del 40% quelli con età da 75 anni e oltre, del 23,9% di età compresa fra i 65 e i 74 anni, del 10% di età compresa dai 45 ai 64 anni e solo il 2,3% di età compresa fra i 6 e i 44 anni. Altro dato rilevante è il 41,7% dei disabili compresi fra i 65 e i 74 anni che sono una coppia senza figli ed inoltre il 57,1% dei disabili fra i 6 e i 44 anni è figlio unico e vive con i propri genitori, mentre il 15,2% sono disabili di età compresa dai 6 ai 44 anni che vivono in famiglia con altri fratelli. Da questo quadro emerge quanto sia importante, corretta e coerente agli impegni presi la politica che questa Regione Lazio sta portando avanti a favore della famiglia e particolarmente in quelle in cui si evidenzia la presenza di una disabilità. INCIDENTI: l’oggetto di analisi di questa area è la causa della disabilità a partire dalla tipologia di incidente che l’ha generata, attualmente sono stati considerati gli eventi lesivi per infortuni di lavoro, le malattie professionali e gli incidenti sportivi; questa area infatti è ancora in fase di implementazione, saranno infatti disponibili ulteriori e precise informazioni su altri tipi di incidenti disabilitanti quali quelli stradali e domestici i quali sono attualmente in uno stadio di attento studio da parte degli analisi proprio per forte crescita ed incidenza che questi anno sulla spesa da dover predisporre a favore della disabilità. L’archivio INPS e SPORTASS rilevano che il 3,3% degli infortuni sul lavoro causa una inabilità permanente, tale valore sale al 4,7% nella fascia di età compresa fra i 50 e i 64 anni di età e al 7,3% quelli oltre i 65 anni di età. Nell’industria, commercio e servizi, ogni mille addetti alle aziende artigiane, 3,1 incorrono in un infortunio sul lavoro con conseguente inabilità permanente; contro 1,3 degli addetti alle aziende non artigiane; attualmente si incorre in una inabilità permanente per malattia professionale circa lo 0,2 su mille lavoratori; mentre il dato sale ripidamente nella industria, commercio e servizi nel settore di attività economica della pesca, infatti si raggiunge la cifra di 26,3 su mille addetti i quali incorrono in infortuni di lavoro con conseguente inabilità permanente. Il tipo di lesione più diffuso tra gli infortuni del lavoro che causa la inabilità è la “frattura” che rappresenta il 50,8% dei casi. Il sistema di indicatori rappresentato dai dati ISTAT sulla disabilità, aggiornato al 2000, dedica ampio spazio alla descrizione delle persone disabili ponendo particolare attenzione ad alcuni dei numerosi aspetti relativi alla “condizione” di disabilità; analisi dettagliate vanno inquadrate nelle rispettive aree tematiche presenti nella mole della documentazione disponibile, quindi impossibile licenziarla ora, ma sicuramente possono essere di utile conoscenza quelli su alcuni temi principali quali: - ISTRUZIONE e INTEGRAZIONE SCOLASTICA - LAVORO e OCCUPAZIONE - SALUTE e ASSISTENZA - STATO CIVILE e VITA SOCIALE. ISTRUZIONE e INTEGRAZIONE SCOLASTICA: l’integrazione sociale delle persone disabili è obiettivo riconosciuto e perseguito anche dalle politiche previste dall’Unione Europea, non ha caso l’anno 2003 è stato dichiarato dall’Unione “anno della disabilità” trovando un suo passaggio fondamentale nell’accesso all’istruzione. L’Italia ha pienamente riconosciuto l’integrazione scolastica degli alunni disabili nella “scuola normale” già da molto tempo, assumendosi un ruolo leader, anche in ambito europeo grazie ai nostri rappresentanti specialmente nelle politiche di istruzione e formazione. Secondo i dati forniti dal Ministero della Publica Istruzione vi sono circa 130.000 alunni in situazione di handicap, protagonisti della vita scolastica insieme a migliaia di insegnanti e famiglie. Nonostante ciò, la situazione delle persone disabili e non, secondo il titolo di studio, rivela un dato sconcertante: ben il 32,6% dei disabili non ha alcun titolo di studio, contro il 5,2% dei non disabili, questo dato sale ancora sino al 40% fra le persone con più di una disabilità. Emerge inoltre uno svantaggio delle donne disabili: ben il 36,2% non possiede alcun titolo di studio a fronte del 25,7% dei disabili di sesso maschile. Gli elementi più interessanti sono osservabili nelle classi di età più giovani, per le quali le differenze per titolo di studio sono più evidenti: nella classe di età 15-44 anni coloro che non hanno titolo di studio rappresentano circa il 14% delle persone disabili e solo meno dell’1% tra le persone non disabili. Altro dato di rilievo emerge tra coloro che hanno un diploma superiore o di laurea, per i quali nella classe di età 45-64 anni vi è un rapporto di 1 a 2 tra persone disabili e non; mentre per la classe di età 15-44 tale rapporto diminuisce; tutto ciò è indubbiamente correlato con il tipo di inserimento scolastico degli studenti disabili che avviene nelle scuole normali; ci si aspetta e ci si augura che tale dato migliorerà notevolmente nei prossimi anni grazie e sopra tutto alla Legislazione, che sarà in grado di produrre questo nostro Governo, all’avanguardia in tema di diritto allo studio. I dati 2000 rispetto alla situazione nella nostra Regione Lazio, nella Provincia di Roma e nella stessa città di Roma rispetto al problema della disabiltà sono da studiare con molta attenzione, basti pensare che gli alunni in situazione di disabilità nelle scuole statali e non, sono nella Regione Lazio il 3,77% degli alunni : Frosinone n° 174 nel resto della provincia n° 1.206 Totale n° 1.380 Latina n° 329 “ “ “ “ n° 1.196 “ n° 1.525 Rieti n° 125 “ “ “ “ n° 193 “ n° 318 Viterbo n° 157 “ “ “ “ n° 402 “ n° 559 Roma n° 6.786 “ “ “ “ n° 3.792 “ n° 10.579 Sconcertante su questo tema è il rapporto 2001 sullo stato delle Province del Lazio rappresentato dall’ EU.R.E.S. , nel quale evidenzia per la disabilità “un passo in dietro”. La ormai storica sentenza n° 215 del 1987 della Corte Costituzionale con la quale definisce come diritto soggettivo la normale istruzione degli alunni portatori di disabilità, precisando che il diritto all’integrazione deve essere valutato “esclusivamente in riferimento al disabile e non a quello ipoteticamente contrapposto della comunità scolastica”; la Legge 104 riconosce inoltre i portatori di disabilità come soggetti aventi diritto all’educazione-istruzione dall’asilo nido all’università, senza alcun impedimento derivante dalla disabilità riportata. Tutto questo non si evince dall’esame dei dati disponibili ed inerenti i diversi ordini di scuola, si rileva una situazione che sembra decisamente negare il dettato della norma: la presenza di alunni in situazione di disabilità si riduce infatti di due terzi nel passaggio dalla scuola dell’obbligo alla scuola secondaria superiore, ad esempio, a Roma si passa dal 3,5% portatori di disabilità ogni 100 alunni delle scuole medie, ad un solo alunno nelle superiori; ancora più forte l’espulsione a Frosinone dove di passa dal 2,9% allo 0,7% di portatori di disabilità, il dato si conferma anche a Latina ed in misura più contenuta a Rieti. LAVORO e OCCUPAZIONE: la realizzazione lavorativa rappresenta la condizione senza la quale non si può parlare di integrazione sociale di alcun individuo, quando si tratta di persone maggiormente svantaggiate, l’inserimento lavorativo rappresenta la possibilità di raggiungere una autonomia sia economica che sociale. La Legislazione Italiana in tema di disabilità ha avuto una evoluzione importante con la Legge 68/99 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, la cui finalità è la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato; il concetto di collocamento mirato è strettamente correlato con la valutazione delle “capacità lavorative residue” delle persone disabili, attraverso un insieme di azioni positive e di soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti di lavoro; si tratta quindi di un cambiamento di ottica: dalla misura delle capacità perdute si passa alla valutazione di quelle residue. Nonostante il notevo impegno normativo volto al miglioramento dell’integrazione sociale delle persone disabili, si stima che i disabili occupati non raggiungano le 150.000 unità a livello nazionale, pari al 21% delle persone disabili in età lavorativa (per le persone con più di una disabilità tale percentuale scende al 12%) contro il 54,6% dei loro coetanei senza disabilità; nell’età adulta 18-44 anni i disabili maschi occupati risultano essere circa il 32%, contro quasi il 70% dei maschi non disabili. Ancora una volta emerge il ruolo maggiormente svantaggiato delle donne disabili che presentano non solo livelli di occupazione decisamente più bassi rispetto agli uomini disabili ( fra il 15 e i 44 anni solo il 18,35 è occupata) ma sono molto meno inserite nel mondo del lavoro rispetto alle pari età non disabili (rispettivamente 18,3% e 45,6% nella classe di età 18-44 anni). SALUTE e ASSISTENZA: lo stato di salute e di assistenza è senza dubbio la dimensione che maggiormente differenzia la popolazione disabile da quella non disabile, esso può esser analizzato sia in termini generali, come percezione delle proprie condizioni di salute e, quindi, valutazione complessiva della propria qualità della vita, sia sotto il profilo epidemiologico, individuando le patologie prevalenti che caratterizzano le persone disabili. La percezione soggettiva delle condizioni di salute rappresenta una sintesi di più fattori di natura medica, psicologica, sociale ed il “sentirsi bene” non implica necessariamente l’assenza di qualche eventuale disturbo o malattia; globalmente si può riscontrare una percentuale rilevante il 53,5% di persone disabili che percepiscono come cattivo il proprio stato di salute, mentre il 13,2% dichiara di stare bene o molto bene a fronte del 62% delle persone non disabili; la presenza di disabilità influisce sensibilmente sulla percezione dello stato di salute con il crescere dell’età, ma questo è un aspetto che accomuna disabili e non disabili. E’ invece rilevante il fatto che il divario fra disabili e non disabili sia maggiore nelle età più giovani, per le quali il problema dell’integrazione sociale è più pesante; si rileva infatti una maggiore percezione del proprio cattivo stato di salute da parte dei disabili fra i 18 e i 44 anni, ben il 30% di questi afferma di stare male, molto male, contro l’1,5% dei non disabili. La disabilità è spesso fortemente associata a forme patologiche di tipo cronico-degenerativo: 87% delle persone disabili risulta essere affetto da almeno una malattia cronica, contro il 47% delle persone senza disabilità, la maggiore prevalenza si riscontra anche a parità di età. L’associazione tra presenza di patologie croniche e disabilità non è solo evidente nelle fasce anziane della popolazione, ma diventa molto significativa nelle fasce adulte; le patologie di tipo degenerativo, in particolare quelle caratterizzate da fattori altamente invalidanti, una volta manifestate possono comportare nel tempo una crescente limitazione dell’autonomia e la necessità di aiuto assistenza per compiere le fondamentali attività della vita quotidiana; nelle fasce di età più giovani, la presenza di patologie croniche associata a disabilità è frequentemente il risultato della complicazione di patologie ad esordio infantile, o è dovuta a condizioni invalidanti derivata da traumi o incidenti. Tra le malattie croniche con prevalenza maggiore tra le persone disabili emergono le malattie di tipo cardiaco, l’asma, il diabete e diverse patologie muscoloscheletriche; questi dati sono confortati anche da studi svolti negli Stati Uniti sui dati dell’indagine sulla salute nazionale, relativamente alle patologie croniche che causano limitazioni nello svolgimento delle attività della vita quotidiana. I dati ci confermano che sono multicronici, cioè colpiti da due o più malattie il 74% dei disabili contro il 28% dei non disabili. LO STATO CIVILE: per poter valutare, in modo corretto, la condizione familiare in cui vivono le persone, bisogna tenere conto, oltre della presenza della disabilità, anche il sesso e l’età. Gli uomini disabili trovano più difficoltà delle donne a modificare il loro stato civile, soprattutto quando sono giovani: l’83,3% degli uomini disabili tra i 18-44 anni è celibe, contro il 59,6% delle donne disabili che è nubile; tale valore nella fascia di età 45-64 anni scende per gli uomini disabili al 21,3% e per le donne disabili al 15,3%; oltre i 65 anni, gli uomini disabili coniugati sono il 74,$% rispetto al 25,3% delle donne. Le giovani donne disabili accedono più facilmente degli uomini allo stato di coniugato, ma da anziane scontano la loro sopravvivenza al coniuge. L’evento separazione e il divorzio è più diffuso tra le donne di 45-64 anni, in particolare se sono disabili: il 4,6% delle donne disabili tra i 45-64 anni si separa o divorzia contro lo 0,6% degli uomini; tra i non disabili tali valori sono del 3,8% per le donne e il 3,4% per gli uomini. Considerando lo stato di vedovanza, si comprende come le donne rimangano sole con il passare degli anni, subendo la perdita del coniuge; seppur le donne vedove siano comunque più numerose rispetto agli uomini, la distanza aumenta se si tiene conto anche della presenza di disabilità; il 15,3% delle donne disabili tra i 45-64 anni è vedovo contro l’1,7% degli uomini; oltre i 65 anni le differenze diventano maggiori, il 64% delle donne disabili sono vedove mentre la percentuale dei vedovi è del 19,4%. Altro importante dato che emerge nella mole di documentazione fornita dai vari Enti preposti è quello che il 36,9% delle donne disabili vive da solo contro l’11,4% degli uomini; questo dato si spiega considerando che ben il 49,4% delle donne disabili della fascia di età 75 anni e più vive sola, quindi sono maggiormente esposte al rischio di affrontare un più lungo periodo di solitudine. Tutto questo è ulteriormente confermato dalla bassa percentuale di donne anziane disabili che vivono in coppia senza figli, pari al 13,4% contro il 52,8% degli uomini, i quali in qualche modo beneficiano del fatto che le donne vivono più a lungo, sopravvivendo alla coppia; inoltre le donne disabili che appartengono ad una famiglia con membro aggregato sono il 12,2% mentre gli uomini sono il 4,8%, segno che le donne spesso sopravvissute al coniuge si uniscono ad un altro nucleo familiare vicino. LA VITA SOCIALE: il livello di integrazione delle persone disabili può essere individuato attraverso la valutazione del grado di partecipazione attiva nella vita quotidiana. La partecipazione sociale è infatti il risultato di un lungo e complesso processo durante il quale la persona disabile sperimenta se stessa, sviluppa la propria identità ed autostima, forma il proprio carattere; questo processo si svolge all’interno di due diversi contesti: quello delle relazioni primarie, familiari ed amicali, e quello delle relazioni secondarie che si creano nella scuola, nel mondo e nello svolgimento di attività di tempo libero. Sostenere e promuovere la partecipazione sociale delle persone disabili significa offrire loro le stesse opportunità di contribuire alla vita sociale che sono offerte al resto della popolazione. Una misura del coinvolgimento diretto del disabile in alcune attività della vita quotidiana viene fornita dall’utilizzo che la persona disabile in alcuni servizi presenti sul territorio come: uffici anagrafici, USL, uffici postali, banche, aggiungo io ancora pochi gli sforzi su questo fronte. Sole il 25,8% dei disabili di 18 anni e più si è servito, negli ultimi 12 mesi, di un ufficio anagrafico per certificati, documenti o altro, contro il 43,4% delle persone non disabili; le differenze rimangono significative anche per quanto riguarda il recarsi al’ufficio postale il 53,7% dei disabili di 18 anni e più contro il 72,4% dei non disabili di 18 anni e più; ed in banca il 37,8% dei disabili di 18 anni e più contro il 62,3% dei non disabili sempre di 18 anni e più. La situazione è leggermente capovolta nel momento in cui si considera l’essersi recato in una USL per prenotare una visita, un’analisi o per pratiche amministrative. In questo caso, infatti, la percentuale di disabili di 18 ani è più che si è recato presso una USL è ovviamente superiore rispetto alla percentuale calcolata sui non disabili, rispettivamente 50,9% contro il 41%. L’ovvietà è data dal fatto che o per motivi di certificazione dell’handicap o per necessità più frequenti di monitoraggio del proprio stato di salute la persona disabile entra più facilmente e frequentemente in contatto con l’Azienda Sanitaria di competenza. Il grado di partecipazione di una persona alla vita sociale, può essere misurato anche attraverso la frequenza con la quale si aggiorna sulla situazione socio-economica e politica della società in cui vive. Le persone disabili sembrano informarsi meno rispetto a quelle non disabili, tale differenza tende ad aumentare in modo proporzionale all’età, aumento forse dovuto ad una minore scolarizzazione delle persone disabili nelle fasce di età più anziane. Si passa, infatti, da una differenza a favore sempre dei non disabili del 13,3% nelle fascia di età 6-44 anni, ad una del 17,1% sempre a favore dei non disabili nelle fascie di età più anziane cioè 65 anni e più. La differenza percentuale tra i due universi, passa ad un valore pari al 22,1% nel momento in cui si vanno ad analizzare le persone di 18 anni e più che ascoltano la radio il 43,7% dei disabili, contro il 65,8% dei non disabili. Importante e quasi indispensabile per l’integrazione sociale è anche la pratica sportiva sia a livello agonistico che amatoriale, anche ed aggiungo io, occorre intensificare gli sforzi per la piccola pratica sportiva locale, attraverso palestre o luoghi preposti per la piccola attività di tipo “ginnastica dolce” vicino la propria abitazione. Per quanto riguarda la pratica sportiva agonistica, si nota come il numero dei tesserati alla Federazione Italiana Sport Disabili aumenta del 20,4% tra il 1989 e il 1997, tutto questo significa che l’analisi della partecipazione sociale delle persone disabili offre, quindi, l’occasione per conoscere i bisogni non soddisfatti e per avviare strategie positive di intervento a favore di una più equa ed ampia offerta di beni e servizi. Nel ringraziare la cortese attenzione al lavoro prodotto, si evidenzia che tutti i dati presenti nella presente “nota” sono stati estrapolati da numerose pubblicazioni nazionali e principalmente desunti dai dati ufficiali ISTAT – EURISPES e dal sito ufficiale HANDICAPINCIFRE, che collazionati dal Consigliere Mario Remoli del V° Municipio del Comune di Roma hanno prodotto il presente documento.
   

 
 

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